L'ORTO BOTANICO DI NAPOLI
L’Orto Botanico di Napoli fu fondato agli inizi del XIX secolo,
periodo in cui la città era dominata dai Francesi; questi ultimi realizzarono
il progetto che stato concepito in precedenza da Ferdinando IV di Borbone.
Gli architetti incaricati del progetto furono Fazio e Paoletti;
il primo realizzò la facciata monumentale, con il viale principale che
conduce all’edificio Castello, il Castello (sede dell’Istituto) e la
serra denominata "Stufa temperata". L’architetto Paoletti invece si
dedicò alla progettazione e alla realizzazione della parte inferiore dell'Orto.
Il primo direttore dell'Orto Botanico fu Michele Tenore,
appassionato di Botanica che organizzò l'Orto in modo del tutto
nuovo rispetto ai precedenti “Giardini dei semplici” e che durante i 50 anni di
direzione arricchì le collezioni dell'Orto, arrivando a contare circa 9.000
specie vegetali coltivate. All’interno dell’Orto venne pianificata anche la
ricerca scientifica, la raccolta e coltivazione di molte di piante medicinali e
specie vegetali esotiche.
Queste ultime venivano di solito acclimatate nella “Stufa
temperata” e nella “Stufa calda”, che nel 1818 venne costruita vicino alla
prima.

A Michele Tenore successe Guglielmo Gasparrini che
fece risistemare alcune aree dell’Orto quali l'arboreto, l'agrumeto e il
“frutticeto; fu poi creata una “Valletta" per la coltivazione di piante
alpine e costruita una nuova serra riscaldata, in sostituzione della
precedente. Il nuovo direttore si occupò anche della sistemazione del Museo
botanico e dell'ordinamento dell'erbario .
Negli anni successivi i direttori che si susseguirono ampliarono
ulteriormente l’Orto, arricchendolo di nuove collezioni di piante ,tra cui le
xerofite e le succulente, le piante lacustri e le officinali.
Durante la guerra gran parte delle coltivazioni e delle
strutture (che vennero utilizzate ad uso militare) furono gravemente
danneggiate dai soldati e dai bombardamenti; l’Orto era spesso invaso anche
dalla popolazione che cercava in questo luogo rifugio e acqua. Durante
l'occupazione delle truppe alleate i prati furono addirittura ricoperti con
cemento o sterilizzati e utilizzati come parcheggio per gli automezzi militari.
La rinascita dell’Orto botanico fu lunga e difficoltosa ma negli
anni ’60 finalmente ritornò agli antichi splendori dotto la direzione di Aldo
Merola. Il nuovo direttore si preoccupò soprattutto di potenziare il ruolo
didattico dell’Orto, assegnando a tutte le piante un’etichetta riportante i
dati tassonomici e di distribuzione delle singole specie, creando nuove zone
espositive e riorganizzando alcuni settori preesistenti seguendo in alcuni casi
un criterio sistematico, in altri un criterio ecologico.
L’area delle Pinophyta, l’agrumeto, la vaseria e il palmeto
costituiscono esempi di zone a carattere tassonomico, mentre il “deserto”, la
“torbiera”, la “spiaggia” e la “roccaglia” rappresentano aree a carattere
ecologico in cui si è tentata la ricostruzione di ambienti naturali.
Oggi l'Orto botanico di Napoli si sviluppa su una superficie di
quasi 12 ettari conta circa 25mila esemplari di 10mila specie diverse,
provenienti da ogni parte del mondo.
Le collezioni vegetali sono presentate secondo tre criteri:
ecologico, sistematico ed etnobotanico.

Dei suddetti raggruppamenti, possiamo citare ad esempio il
“deserto”, la “spiaggia”, la “torbiera”, la “roccaglia”, l'area della macchia
mediterranea, le vasche di piante acquatiche, il filiceto (criterio
ecologico), l'area delle Pinophyta, l'area delle Magnoliophyta, l'agrumeto, il
palmeto (criterio sistematico), la sezione sperimentale delle piante
officinali (criterio etnobotanico).
Interessanti sono anche i complessi di serre e il museo di
Paleobotanica ed Etnobotanica, ospitato nel Castello seicentesco.

Oggi l’Orto botanico di Napoli, oltre alla coltivazione e alla
presentazione a fini museologici delle collezioni e lo svolgimento di
manifestazioni artistiche e culturali, si occupa anche di ricerca, di
conservazione di specie rare o minacciate di estinzione e di didattica.
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